Soffro di vitiligine e sono al quarto mese di gestazione. So che la mia malattia ha una forte componente psicosomatica ed ereditaria: qual è la probabilità che mio figlio sviluppi il disturbo, anche in età adulta? E quali sono le cure possibili durante i mesi dell’attesa?
Nadia, Trento

Rispondono la dott.ssa Floria Bertolini e il dottor Leopoldo Zelante.

L’articolo è stato pubblicato su: “Dolce attesa” Anno 6 – n. 53 – Ottobre 2007 dalla Dr.ssa Floria Bertolini, specialista in Dermatologia e Venereologia.

La Dr.ssa Floria Bertolini attualmenete svolge attività di dermatologo a Padova, Piove di Sacco, Vicenza e Rovigo.

Dal punto di vista genetico, la vitiligine è considerata una malattia multifattoriale collegata, nella maggior parte dei casi, a patologie autoimmuni. Ciò significa che esiste una predisposizione familiare a contraria: la probabilità che questa si presenti in un figlio, tuttavia, non è ben quantificabile, anche se è certamente superiore al rischio medio corso dalla popolazione generale. Clinicamente, la vitiligine è caratterizzata dalla comparsa di macchie cutanee acromiche, cioè bianche per assenza di colore, di localizzazione ed estensione molto variabile. A causa di questa complessità, non è possibile indicare un’unica terapia, ma devono essere valutate diverse opzioni, considerando l’età, l’estensione, le sedi colpite e l’anamnesi familiare
e personale. Indubbiamente la gravidanza limita le scelte terapeutiche, tenendo conto dei rischi per il feto e alcune cure sono da rinviare al periodo che segue il parto e l’allattamento.

Il trattamento con i raggi UVB a banda stretta, eseguito tramite apposite apparecchiature, è il più indicato: non crea alcun problema al nascituro ed è consigliabile soprattutto per piccole aree. Bisogna però ricordare che nel corso della gestazione l’attività melanogenica, ossia la produzione di melanina, aumenta per motivi ormonali ed è frequente osservare modifiche nell’aspetto dei nevi, che in generale regrediscono nell’anno
successivo al parto. Per questo la cute della gestante in trattamento con UVB a banda stretta deve essere maggiormente controllata, per evitare di sottovalutare le eventuali variazioni. Viene invece sconsigliata la terapia UVB a banda stretta associata a vitamina D 3, visto che questa vitamina
è controindicata quando si aspetta un bambino.

Una delle cure maggiormente utilizzate nel trattamento della vitiligine prevede l’utilizzo di corticosteroidi (cortisone) topici, sotto forma di creme e pomate. In gravidanza i cortisonici permessi sono il prednisone o il metilprednisolone, in quanto non superano la barriera feto-placentare. Vanno, invece, sospesi e sostituiti i preparati contenenti steroidi fluorurati (parametasone, betametasone e triamcianolone), che sono in grado di attraversare la placenta.

L’utilizzo di acido folico e di vitamina B12 si è dimostrato efficace in pazienti affetti da vitiligo , accompagnata ad anemia perniciosa (provocata da carenza di vitamina B12) ed è senza controindicazioni nell’attesa. Infine, per le gestanti sono assolutamente da bandire i trattamenti con tarmaci fotosensibilizzanti e raggi UV, il più noto dei quali è quello in cui la terapia UVA è associata a preparati psoralenici. Anche l’opzione chirurgica, ovvero il trapianto cutaneo, che viene scelta in quei limitati casi che non rispondono ad altre cure e sono stabili da almeno due anni, deve essere rinviata alla fine dell’attesa e dell’allattamento, poiché fa uso di una tecnica invasiva.