Tipiche chiazze acromiche di vitiligine al torace

Articolo della Dott.ssa Floria Bertolini, pubblicato su: Notizie ASM – Educazione alla Salute, Anno 15 – n. 5 – Luglio Settembre 2008
La dr.ssa Floria Bertolini svolge attività di dermatologo a Padova, Piove di Sacco, Vicenza e Rovigo.

La vitiligine, caratterizzata dalla comparsa sulla pelle di macchie bianche, si cura con un ampio spettro di terapie, ma soltanto un numero limitato di esse è consentito durante la gravidanza. Anche l’eventuale scelta chirurgica va rinviata a dopo il parto.

La vitiligine, dal punto di vista genetico, è considerata una malattia multifattoriale collegata, nella maggior parte dei casi, a patologie autoimmuni. Ciò significa che esiste una predisposizione familiare a contraria, e la probabilità che questa si presenti in un figlio non è ben quantificabile, ma certamente superiore al rischio medio della popolazione generale. Clinicamente, la vitiligine è caratterizzata dalla comparsa di macchie cutanee acro-miche, cioè bianche per assenza di colore, di localizzazione ed estensione molto variabile. A causa di questa complessità, non è possibile indicare un’unica terapia, ma devono essere valutate diverse opzioni, considerando l’età, l’estensione, le sedi colpite, e l’anamnesi familiare e personale.

Attenti controlli cutanei

La gravidanza indubbiamente limita le scelte terapeutiche, tenendo conto dei rischi per il feto, e alcune cure sono da rinviare al periodo che segue il parto e l’allattamento. Il trattamento con i raggi UVB a banda stretta, eseguito tramite apposite apparecchiature, è il più indicato durante i nove mesi dell’attesa: non crea alcun problema al nascituro, ed è consigliabile soprattutto per piccole aree. Bisogna ricordare che nel corso della gestazione l’attività melanogenica, ossia la produzione di melanina, è aumentata per motivi ormonali ed è frequente osservare modifiche nell’aspetto dei nevi, che in generale regrediscono nell’anno successivo al parto. Perciò la cute della gestante in trattamento con UVE a banda stretta va maggiormente controllata per evitare di sottovalutare le eventuali variazioni. La terapia con vitamina D3 e UVE a banda stretta, invece, non è suggerita, visto che l’utilizzo del calci-potriolo, cioè della vitamina D3, è controindicato quando si aspetta un bambino.

No a sole e chirurgia

Una delle terapie impiegate nel trattamento della vitiligine prevede l’utilizzo di corticosteroidi (cortisone) topici, sotto forma di creme e pomate. In gravidanza i corticosteroidi permessi sono il prednisone o il metilprednisolone, in quanto non superano la barriera feto-placentare. Vanno, invece, sospesi e sostituiti i preparati contenenti steroidi fluorurati (pararnetasone, betametasone, e triamcianolone), che non sono inattivi a livello placentare. L’utilizzo di acido folico e di vitamina B12 si è dimostrato efficace in pazienti affetti da anemia perniciosa, provocata da carenza di vitamina E12, ed è senza controindicazioni nell’attesa. Sono assolutamente da bandire per le gestanti i trattamenti con farmaci fotosensibilizzanti e con i normali raggi ultravioletti (UV), di cui il più noto è quello in cui la terapia UVA è associata a preparati psoralenici. Anche l’esposizione al sole deve avvenire previa protezione delle lesioni acromiche con adeguate creme-filtro. L’opzione chirurgica con il trapianto di pelle, che normalmente viene scelta in casi limitati, che non rispondono ad altre cure e sono stabili da almeno due anni, deve essere rinviata alla conclusione della gravidanza e dell’allattamento, poiché fa uso di una tecnica invasiva.